Dopo un lungo isolamento domiciliare come reagiranno le persone? E la psiche umana?

20 aprile 2020
Dopo un lungo isolamento domiciliare  come reagiranno le persone?  E la psiche umana? - Articolo - Alice Xotta

Dire cosa accadrà con certezza alla fine della pandemia è difficile.
Essendo il coronavirus una situazione mai vissuta prima risulta complesso prevedere come reagiranno le persone. L’umanità ha attraversato molte epidemie e dopo questa alcuni sostengono che tutto ripartirà esattamente come prima. Queste persone sostengono che, quando anche il Coronavirus diventerà un fatto di cronaca passata, scoppiato all’inizio dell’anno 2020, verrà considerato come un rumore lontano che via via andrà dissolvendosi riconducendo le persone a ossessionarsi sulle proprie vite autoreferenziali.
Se valutiamo questo punto di vista la storia ci insegna che dopo epidemie e guerre, l'umanità non diventa più saggia, più preparata più consapevole, non per lo meno la maggioranza.

Dopo una guerra tutti si affrettano a dimenticare e qualcosa di simile accade effettivamente anche con lo stato di malattia: durante la sofferenza tocchiamo stati mai provati prima, ci avviciniamo a verità considerate prima impossibili, si da il giusto valore alle cose, ma appena si scopre la cura e ci si avvicina alla guarigione tutto sembra evaporare.
Questo sicuramente accade per una conseguente forma di adattamento, rimuovendo i ricordi negativi si ripristinano le risorse individuali e collettive verso l’avvenire che deve necessariamente essere visto in termini positivi e generativi per predisporci alla sopravvivenza. Ecco allora che come ogni post guerra ci sarà o un’esplosione di voglia di normalità; dopo le privazioni e la morte, la gente vuole divertirsi, incontrarsi, ballare. È probabile che qualcosa del genere succederà alla anche fine del coronavirus, considerando il fatto che il virus ha fatto riemergere un fantasma per anni tenuto nell’armadio: il senso della morte.  

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CHE CONSEGUENZE POSSIAMO ASPETTARCI?
Non tornerà tutto nella norma come previsto in modo così semplice, in quanto la differenza sostanziale nel caso del coronavirus risiede nel fatto che se la guerra finisce davvero, la pandemia ha una coda, una sorta di eco il cui rumore non smetterà all’improvviso, ma continuerà a trascinarsi per diverso tempo.
E’ per questo motivo che alcune ricerche, già precedentemente svolte nel campo dell’emergenza, mettono in evidenza come l’isolamento prolungato e la coabitazione forzata hanno un costo psicologico enorme su cui è necessario riflettere.
La conseguenza maggiore e più grave è la possibilità di vivere un vero e proprio Disturbo post traumatico da stress (DPTS), ma nel caso in cui non si arrivi a tale gravità, gli studi mettono in evidenza che nei postumi di una quarantena forzata i ⅔ della popolazione mostra tratti significativi di irritabilità,insonnia, ansia, apatia e anche possibili reazioni violente. Tutte conseguenze che potrebbero manifestarsi anche dopo alcuni mesi o anni dalla fine dell’emergenza.

PROSPETTIVE POSITIVE?

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Non dico questo con una visione catastrofica della cosa, ma per cercare di prevenire quelli che potrebbero essere degli stadi successivi a questo tempo presente.
Dobbiamo appuntarci le paure odierne per essere pronti a rispondere nel prossimo futuro. Alcune persone potranno sperimentare la paura di ritornare alla vita di prima. 

Lo scrittore israeliano David Grossman a tal proposito scrive:
“Quando l'epidemia finirà, non è da escludere che ci sia chi non vorrà tornare alla sua vita precedente. Chi, potendo, lascerà un posto di lavoro che per anni lo ha soffocato e oppresso. Chi deciderà di abbandonare la famiglia, di dire addio al coniuge o al partner. Di mettere al mondo un figlio o di non volere figli. Di fare coming out. Ci sarà chi comincerà a credere in Dio e chi smetterà di credere in lui. Ci sarà chi, per la prima volta, si interrogherà sulle scelte fatte, sulle rinunce, sui compromessi. Sugli amori che non ha osato amare. Sulla vita che non ha osato vivere”


Non c’è da pensare che tutti vivranno cambiamenti radicali, in molti come ho detto prima torneranno alla loro vita normale, ma bisogna considerare chi in questa esperienza si è trovato davanti ad un bivio.
Molti di noi avendo più tempo a disposizione sono riusciti a concentrarsi sulla propria capacità introspettiva conducendoli a rivedere alcuni modelli di comportamento e di pensiero.
Se il coronavirus ha scaturito una situazione di crisi economica, sociale ed esistenziale, la nostra unica alternativa rimane quella di cogliere il meglio da questo stato di difficoltà.
Ricordando l’etimologia della parola crisi, ossia dal greco scelta, decisione, possiamo immaginarci davanti alla possibilità di scegliere un futuro diverso per noi stessi e per chi amiamo accettando che ogni scelta comporta una rinuncia, fosse anche semplicemente quella di continuare a pensarci uguali a come siamo sempre stati, dandoci l’occasione di poter essere diversi.

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